Il cacciatore di anoressiche

Vittorio e Sonia in "Primo amore" di Matteo Garrone
Vittorio e Sonia in "Primo amore" di Matteo Garrone

Primo amore di Matteo Garrone è un film sulla sottrazione. Il protagonista, Vittorio, è un orafo con un ideale di bellezza femminino che corrisponde alla magrezza più assoluta, un ideale portato all’estremo in un gioco di vittima e carnefice che coinvolge una ragazza, Sonia, conosciuta a un appuntamento al buio. Al primo incontro, alla stazione degli autobus, l’orafo svela subito la sua ossessione (“Ti immaginavo più magra”), poi si accomodano in un bar, lui prende un caffè, lei un caffè americano o un cappuccino (“Niente zucchero?” chiede lui). L’imbarazzo tra i due è evidente, soprattutto da parte di Sonia che non ha digerito il commento sulla magrezza, ma forse l’orafo è stato piacevolmente colpito dal fatto che lei abbia preso il caffè senza zucchero: forse è disposto a darle una seconda possibilità. Stilisticamente è una sequenza molto bella: un dolly a scendere dall’alto inquadra un primo autobus che arriva sulla sinistra mentre un secondo parte sulla destra occultando lo schermo. La macchina da presa continua a muoversi mentre l’autobus blu abbandona lo schermo svelando per la prima volta il protagonista, Vittorio, appoggiato a una transenna che guarda l’orologio. Poi si avvicina a quella che potrebbe essere la ragazza, ma non è lei. La macchina da presa lo segue, inquadrandolo con un teleobbiettivo che esalta il volto dell’orafo e annulla lo sfondo. Al bar sono inquadrati di profilo, uno davanti all’altra. Il dialogo dura circa 3 minuti, senza controcampi, con la macchina da presa che panoramica molto lentamente prima verso di Sonia, poi torna su di lui e infine di nuovo su di lei. Le prime impressioni che l’orafo annota sul suo diario, dopo il primo incontro sono: “Simpatica, espansiva, tra i 55 e i 57 chili. Dovrebbe perdere almeno 10 chili”. Vittorio trasferisce parte del suo lavoro artigiano sul corpo della ragazza: vuole modellarla come se fosse un oggetto plasmabile, modificare il suo corpo, eliminare il superfluo. Lavorare di sottrazione. C’è un legame evidente con il proprio lavoro di orafo che fonde il metallo. La fiamma dei titoli di testa è il fuoco che brucia, che elimina il superfluo: “prima si raschia tutto, poi si brucia e quando restano le ceneri si fondono le ceneri e poi finalmente rimane solo più quello che è prezioso, quello che conta veramente.” Quando Vittorio tocca con la mano la spina dorsale di Sonia c’è una sorta di eccitazione e nello stesso tempo una conferma che il percorso compiuto dalla ragazza verso la magrezza è quello giusto (“Quando ti guardi allo specchio ti piaci di più o no, adesso?”). All’inizio c’è una sorta di compiacimento da parte di Sonia nel dimagrire, una prova d’amore nei confronti dell’orafo. La vediamo specchiarsi a petto nudo e accarezzarsi il costato oppure preparare da mangiare davanti a una lista di cibi proibiti con accanto il numero delle calorie: pasta di semola 356 NO; riso brillato 361 NO; Grana 103 NO; fette biscottate 410 NO; grissini 440 NO; burro 700 NO; olio d’oliva 900 NO: per me 1.000 calorie al giorno. Poi, si siedono a tavola, uno di fronte all’altra, Sonia che mangia delle verdure crude (“una carotina?”) lui con un succulento piatto ipercalorico. Ma non c’è rancore da parte della ragazza, anzi c’è la consapevolezza di essere nel giusto, di compiacere al proprio uomo come una vittima con il carnefice. Le cose però precipitano, quello che sembra un gioco, quasi un capriccio da soddisfare per il proprio compagno, si trasforma in un incubo: il cibo va espulso, i vestiti bruciati nella fornace (“tanto qua non ci entrerai mai”), il corpo segregato, il cibo occultato (“Vuoi mangiare? Mangia!!!! Non posso più fidarmi di te… mi hai veramente deluso… non sei ancora un’altra persona…”). La magrezza estrema viene resa con grande effetto visivo nella scena della barca: i volti dei due innamorati sono completamente sfocati, come due fantasmi incorporei che dialogano tra loro. Il culmine del sadismo si raggiunge al ristorante quando Vittorio ordina delle fettuccine con dei funghi prugnoli e un filetto (“ben cotto”), lei un’insalata “abbastanza abbondante senza olio né sale”. Poi lui si alza per andare a salutare degli amici e Sonia, dopo aver assaggiato furtivamente le fettuccine, va nella cucina del ristorante, inseguita da Vittorio, per abbuffarsi di tutto ciò che trova. “Era il tuo corpo che voleva mangiare, non la tua testa.”

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