L'uomo che sussurrava alle bufale. "Mozzarella stories"

Luisa Ranieri alias Sofia
Luisa Ranieri alias Sofia

 

Conoscevo il regista Edoardo De Angelis per il film Perez in cui una notturna Napoli high-tech, fredda, geometrica e iperrealista, lontanissima dal folklore e dai cliché malavitosi alla Scampia di Gomorra&Co (il film è ambientato nel Centro Direzionale di Napoli, quasi una Défense parigina calata nel quartiere di Poggio Reale) fa da scenario/personaggio ai protagonisti. Completamente diversa la messa in scena di Mozzarella stories, storia di un allevatore casertano, Ciccio Dop (“uomo a Denominazione di Origine Protetta”) re della mozzarella di bufala che deve far fronte alla concorrenza sleale dei cinesi e ai tradimenti familiari. Mozzarella Stories è solo apparentemente un film di mazzette e corruzione, di boss casertani e ragioneri della camorra. È (anche) un melodramma con almeno due subplot che si innestano sulla storia principale, il triangolo tra Autilia Jazz Mood, Angelo Tatangelo e Gino Purpetta (polpetta) che, come da copione, finirà tragi(comi)camente, e la malinconica storia tra Dudo (lo Zingaro Napoletano) e il pallanuotista evocata in più momenti nel corso del film attraverso surreali apparizioni e scene oniriche. Non aspettatevi però leitmotiv musicali alla Gigi D’Alessio, anche se la star musicale del film si chiama Angelo Tatangelo, perché la musica neomelodica si veste di ritmi caraibici, come nella debordante sequenza iniziale, ambientata in una piscina, in cui una finta bufala, calata dall’alto, “partorisce” mozzarelle nell’acqua, sulle note di “Mozzarella mambo”. Oppure viene nobilitata nella raffinata interpretazione dalle atmosfere jazzistiche di Autilia Jazz Mood/Aida Turturro (la sorella di Tony Soprano). Certo, la chiave grottesca e kitsch (leggi Kusturica, tra i produttori del film) non poche volte prende il sopravvento, perché di latte sul fuoco il regista ne ha messo molto e, secondo qualcuno, non sempre la cagliata sembra riuscire. Ma nonostante questo, a mio avviso, è della componente melò di cui maggiormente si sostanzia Morrarella stories. Lo stesso Ciccio Dop, nella sua rozzezza, è l’uomo che parla con le bufale (“sei un animale, solo con le bufale puoi stare!” gli urla la figlia), che le ama come fossero parte della famiglia perché dall’apparente sporcizia in cui vivono gli animali può nascere qualcosa di puro, perché, a differenza della moglie che anni prima lo ha lasciato, le bufale non lo abbandonano. Sentimenti che Ciccio Dop esterna agli animali in una triste sceneggiata messa a tacere dalle fucilate del traditore Gravinio. Un discorso a parte merita il personaggio di Dudo, il cosiddetto Zingaro Napoletano, antieroe triste e silenzioso che non sa più fare il suo mestiere di “recupero crediti”, tormentato dal fantasma del misterioso pallanuotista. Dudo è protagonista di una delle sequenze più riuscite, ambientata in una piscina olimpionica: lui e il compagno privo di vita fluttuano in acqua mentre gli altri protagonisti, seduti su due gommoni, si avvicinano remando. Una scena potentemente onirica, dai toni lividi, freddi e cupi, “riscaldata” da Angelo Tatangelo che canta (qui sì in versione neomelodica) Zingaro Napoletano e gli tende una mano. Emerge un senso di deriva e, nello stesso tempo, di vicinanza rimarcato dalle inquadrature dall’alto, dalla carrellata laterale che segue uno dei due gommoni e dai movimenti avvolgenti della macchina da presa che sembra fluttuare anch’essa sulla superficie increspata dell’acqua. E allora, più che ai registi del filone “mangiaspaghetti”, Mozzarella Stories mi sembra evocare più il cinema di Pappi Corsicato, un umorismo nero che pervade il film e che si esplicita in una sorta di semantica alimentare e “casearia”: dai nomi dei personaggi (Ciccio Dop; l’ispettore Mungillo; Gigino Purpetta omonimo di Luigi Cesaro, presidente della provincia di Napoli e detto Giggino ‘a Purpetta) alle battute: “don Ciccio, ve lo debbo dicere: voi non tenete più consistenza”.

Il bianco lattiginoso del latte si contamina con il rosso del sangue di don Ciccio e, infine, si tramuta nel nero luttuoso della figlia Sofia che prende il nerbo dell’azienda facendo giustizia dell’assassinio del padre: sangue e caglio.

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